Avevo postato questo messaggio tempo fa nel caffè e poi l'ho cancellato, perchè mi era stato fatto notare all'epoca di essere troppo "professorale". Ma ora, se nessuno è contrario, lo riposto qui, perchè è qui nella sezione ibridi che ha più senso. Io desidero risparmiare benzina perchè mi mantengo cosciente del fatto che per fare andare le nostre auto si pagano prezzi, dei quali non discuto la legittimità, che vanno ben oltre il denaro. Un occidentale, in particolare un europeo, pensa che quando ha pagato il prezzo della sua nuova automobile, le tasse e poi la benzina che mette nel serbatoio è a posto con la coscienza. Sembra proprio che non ci siano altri prezzi da pagare, vero? Invece non è così. Da questo punto di vista è più consapevole un arabo che sta sopra ad un cammello. Egli sa perfettamente se l'animale l'ha comprato, barattato o rubato. Nel suo piccolo gli è tutto chiaro e sa come gira il mondo, perché non vive in una società complessa come la nostra.
Per spiegare meglio il concetto, vi racconterò una storia nota solo agli appassionati di storia contemporanea e a chi si interessa di certi argomenti. E’ la storia delle nove “Nima” (aurora in iraniano), alle quali l’Italia ha partecipato in qualche modo. Si tratta solo di una delle tante, tantissime storie nelle quali siamo coinvolti. E' necessariamente un pochino lunga: la legga ovviamente solo chi ne ha voglia!
Nel 1979 ci fu la rivoluzione khomeinista in Iran, che rese possibile, per la prima volta nella storia moderna, l’applicazione della Sharia, la legge di Dio, sulla Terra. Nel 1980 Saddam Hussein attaccò l’Iran per recuperare alcune terre di confine, lungo lo Shat El Arab, che lo Shah Reza Pahalevi gli aveva sottratto negli anni precedenti. Le truppe iraniane, malgrado le epurazioni e lo sfascio seguito alle rivoluzioni, ressero allo scontro e contrattaccarono. Khomeini ne approfitto per lanciare la Jihad, la guerra santa, dichiarando apertamente di volere abbattere, oltre che Saddam Hussein, anche le corrotte monarchie della penisola arabica e di liberare Gerusalemme dall’occupazione sionista. Il mondo intero, Russia compresa, si “cacò addosso” dalla paura. Si rischiava la terza guerra mondiale e l’appropriazione del 70% del petrolio mondiale da parte di un fanatico islamico. Ci fu una mobilitazione generale a favore di Saddam Hussein, il quale iniziava a trovarsi in difficoltà sotto le “spallate” degli iraniani. Così i russi incrementarono le forniture di carri armati e armi leggere. I francesi mandarono i loro migliori consiglieri militari e vendettero all’Iraq un centinaio di Mirage F1. Gli inglesi fornirono cannoni ed esplosivi. I tedeschi gas venefici. Gli americani una montagna di soldi ed informazioni raccolte dai satelliti e dalle apparecchiature elettroniche (elint). Israele fornì intelligence umano (umint) e operazioni di sabotaggio e l’Italia una quantità enorme di mine antiuomo ed anticarro, prodotte dalla Misar e dalla Valsella, due aziende in provincia di Brescia. Le mine sono fondamentali per respingere nemici numericamente 4 – 5 volte superiori di numero com’era nel caso di Iran e Iraq. Nessun paese al mondo poteva permettersi di cadere sotto al ricatto petrolifero di Khomeini, che quanto a fanatismo dava una decina di giri al nostro povero Bin Laden.
Grazie agli aiuti internazionali, gli iracheni ressero per 8 anni, ma nel 1988 e nel 1989, fino alla fine della guerra, gli iraniani cambiarono strategia concentrando tutti i loro sforzi contro le fortificazioni a nord di Bassora. Se fossero riusciti ad interrompere l’asse Bagdad – Bassora, avrebbero tagliato in due l’Iraq e sarebbero potuti dilagare contro Israele attraverso la Giordania e contro l’Arabia Saudita attraverso il Kuwait. La situazione si faceva davvero seria. Il primo grande attacco fu chiamato dagli iraniani “Nima”, l’aurora di una nuova era. Furono ammassati più di 500.000 fra soldati, pasdaran, truppe irregolari e Raji, i soldati di Dio, i suicidi. Questi ultimi erano gruppi di 400 persone, a volte tutti di uno stesso quartiere, spesso bambini di 11 – 12 anni reclutati nelle scuole che andavano a morire con appesa al collo una chiave di plastica, la chiave del paradiso dei martiri.
Dall’altra parte i consiglieri francesi avevano insegnato agli iracheni come predisporre “un’area di annientamento”, una tecnica inventata dai tedeschi nella prima guerra mondiale, che aveva causato quasi un milione di morti sulle colline della Somme. In pratica si trattava di creare un’area profonda 4 km e lunga 10 – 12 km dove far concentrare il nemico per distruggerlo poi con cannoni e missili. Gli iraniani attaccarono quindi attraversando un braccio dello Shat El Arab e travolgendo le resistenze irachene sull’altra sponda. Si trattava in realtà di una ritirata programmata. Il velo di truppe armate solo con mitragliatrici, dopo una breve resistenza indietreggiarono defilandosi attraverso dei passaggi sinuosi predisposti nei campi minati profondi fino ad 1 km. Gli iraniani avanzarono baldanzosi per 4 km fino a che trovarono la barriera dei campi minati che delineavano l’area di annientamento. Per rafforzare la testa di ponte più di 300.000 soldati attraversarono lo Shat El Arab per fortificare la sponda irachena appena occupata. Per aprire varchi nei campi minati mandarono avanti i gruppi di raji, i suicidi. Immaginate centinaia e centinaia di bambini mandati a saltare sulle mine sotto il fuoco delle mitragliatrici! Ma i campi minati erano profondissimi e intanto centinaia di cannoni, elicotteri ed aerei facevano a pezzi gli iraniani bloccati nell’area di annientamento. Se gli iracheni paventavano il rischio di uno sfondamento usavano i gas e sterminavano masse di iraniani. Dopo alcuni giorni di massacro gli iraniani tentavano la ritirata, ma gli iracheni avevano piazzato due grandi generatori a monte e a valle dell’area di annientamento, così chi entrava in acqua moriva folgorato. Non si facevano prigionieri.
Gli iraniani tentarono in due anni 9 “nima”, ma furono sempre respinti grazie alle nostre tecniche di guerra ed alle nostre armi che fornimmo agli iracheni. Poi la guerra finì con un numero ufficiale, certamente errato per difetto, di un milione di morti.
Quando mettiamo della benzina nel nostro serbatoio dovremmo essere coscienti di come abbiamo, forse anche legittimamente, difeso il nostro tenore di vita. Noi occidentali facciamo sempre così. Certo i bambini a morire in quel modo orribile ce li ha mandati Khomeini, non noi. Però ricordiamo che nel nostro serbatoio entra sempre un po’ di sangue assieme alla benzina. Quindi ... Viva le ibride risparmiose!
Per spiegare meglio il concetto, vi racconterò una storia nota solo agli appassionati di storia contemporanea e a chi si interessa di certi argomenti. E’ la storia delle nove “Nima” (aurora in iraniano), alle quali l’Italia ha partecipato in qualche modo. Si tratta solo di una delle tante, tantissime storie nelle quali siamo coinvolti. E' necessariamente un pochino lunga: la legga ovviamente solo chi ne ha voglia!
Nel 1979 ci fu la rivoluzione khomeinista in Iran, che rese possibile, per la prima volta nella storia moderna, l’applicazione della Sharia, la legge di Dio, sulla Terra. Nel 1980 Saddam Hussein attaccò l’Iran per recuperare alcune terre di confine, lungo lo Shat El Arab, che lo Shah Reza Pahalevi gli aveva sottratto negli anni precedenti. Le truppe iraniane, malgrado le epurazioni e lo sfascio seguito alle rivoluzioni, ressero allo scontro e contrattaccarono. Khomeini ne approfitto per lanciare la Jihad, la guerra santa, dichiarando apertamente di volere abbattere, oltre che Saddam Hussein, anche le corrotte monarchie della penisola arabica e di liberare Gerusalemme dall’occupazione sionista. Il mondo intero, Russia compresa, si “cacò addosso” dalla paura. Si rischiava la terza guerra mondiale e l’appropriazione del 70% del petrolio mondiale da parte di un fanatico islamico. Ci fu una mobilitazione generale a favore di Saddam Hussein, il quale iniziava a trovarsi in difficoltà sotto le “spallate” degli iraniani. Così i russi incrementarono le forniture di carri armati e armi leggere. I francesi mandarono i loro migliori consiglieri militari e vendettero all’Iraq un centinaio di Mirage F1. Gli inglesi fornirono cannoni ed esplosivi. I tedeschi gas venefici. Gli americani una montagna di soldi ed informazioni raccolte dai satelliti e dalle apparecchiature elettroniche (elint). Israele fornì intelligence umano (umint) e operazioni di sabotaggio e l’Italia una quantità enorme di mine antiuomo ed anticarro, prodotte dalla Misar e dalla Valsella, due aziende in provincia di Brescia. Le mine sono fondamentali per respingere nemici numericamente 4 – 5 volte superiori di numero com’era nel caso di Iran e Iraq. Nessun paese al mondo poteva permettersi di cadere sotto al ricatto petrolifero di Khomeini, che quanto a fanatismo dava una decina di giri al nostro povero Bin Laden.
Grazie agli aiuti internazionali, gli iracheni ressero per 8 anni, ma nel 1988 e nel 1989, fino alla fine della guerra, gli iraniani cambiarono strategia concentrando tutti i loro sforzi contro le fortificazioni a nord di Bassora. Se fossero riusciti ad interrompere l’asse Bagdad – Bassora, avrebbero tagliato in due l’Iraq e sarebbero potuti dilagare contro Israele attraverso la Giordania e contro l’Arabia Saudita attraverso il Kuwait. La situazione si faceva davvero seria. Il primo grande attacco fu chiamato dagli iraniani “Nima”, l’aurora di una nuova era. Furono ammassati più di 500.000 fra soldati, pasdaran, truppe irregolari e Raji, i soldati di Dio, i suicidi. Questi ultimi erano gruppi di 400 persone, a volte tutti di uno stesso quartiere, spesso bambini di 11 – 12 anni reclutati nelle scuole che andavano a morire con appesa al collo una chiave di plastica, la chiave del paradiso dei martiri.
Dall’altra parte i consiglieri francesi avevano insegnato agli iracheni come predisporre “un’area di annientamento”, una tecnica inventata dai tedeschi nella prima guerra mondiale, che aveva causato quasi un milione di morti sulle colline della Somme. In pratica si trattava di creare un’area profonda 4 km e lunga 10 – 12 km dove far concentrare il nemico per distruggerlo poi con cannoni e missili. Gli iraniani attaccarono quindi attraversando un braccio dello Shat El Arab e travolgendo le resistenze irachene sull’altra sponda. Si trattava in realtà di una ritirata programmata. Il velo di truppe armate solo con mitragliatrici, dopo una breve resistenza indietreggiarono defilandosi attraverso dei passaggi sinuosi predisposti nei campi minati profondi fino ad 1 km. Gli iraniani avanzarono baldanzosi per 4 km fino a che trovarono la barriera dei campi minati che delineavano l’area di annientamento. Per rafforzare la testa di ponte più di 300.000 soldati attraversarono lo Shat El Arab per fortificare la sponda irachena appena occupata. Per aprire varchi nei campi minati mandarono avanti i gruppi di raji, i suicidi. Immaginate centinaia e centinaia di bambini mandati a saltare sulle mine sotto il fuoco delle mitragliatrici! Ma i campi minati erano profondissimi e intanto centinaia di cannoni, elicotteri ed aerei facevano a pezzi gli iraniani bloccati nell’area di annientamento. Se gli iracheni paventavano il rischio di uno sfondamento usavano i gas e sterminavano masse di iraniani. Dopo alcuni giorni di massacro gli iraniani tentavano la ritirata, ma gli iracheni avevano piazzato due grandi generatori a monte e a valle dell’area di annientamento, così chi entrava in acqua moriva folgorato. Non si facevano prigionieri.
Gli iraniani tentarono in due anni 9 “nima”, ma furono sempre respinti grazie alle nostre tecniche di guerra ed alle nostre armi che fornimmo agli iracheni. Poi la guerra finì con un numero ufficiale, certamente errato per difetto, di un milione di morti.
Quando mettiamo della benzina nel nostro serbatoio dovremmo essere coscienti di come abbiamo, forse anche legittimamente, difeso il nostro tenore di vita. Noi occidentali facciamo sempre così. Certo i bambini a morire in quel modo orribile ce li ha mandati Khomeini, non noi. Però ricordiamo che nel nostro serbatoio entra sempre un po’ di sangue assieme alla benzina. Quindi ... Viva le ibride risparmiose!